«Perché questo funziona!», rispose l’altro accendendosi la sigaretta e smorzando la sua risata.
Mister Blaisdell si affrettò a comprare i diritti di esclusiva per gli USA di quello sconosciuto brevetto austriaco. Decise di realizzarlo in acciaio cromato anziché in ottone, ne migliorò il funzionamento e l’aspetto, dotandolo di una leva a scatto sull’apertura e di una forma rettangolare al posto di quella stondata del prototipo.
Nel 1932 la sala da ballo della collina di Bradford chiuse e divenne il capannone della Zippo Manufacturing Company. Lo Zippo entrava nel mercato americano al costo di un dollaro.
George sarebbe diventato per sempre “mister Zippo”, chiamò così il suo accendino dal nome popolare di un altro brevetto che stava riscuotendo grande successo: la chiusura lampo, detta anche ZIP.
Il suo prodotto sarebbe rimasto fondamentalmente invariato fino ai giorni nostri: una carrozzeria cromata con coperchio a cerniera, apribile e richiudibile con un movimento semiautomatico; un’anima interna riempita da cinque strati di ovatta attraversati da uno stoppino che fuoriesce sulla cima, accanto ad una pietrina che ne scaturisce l’accensione previo sfregamento di una piccola ruota segata a scanalature. Sulla carrozzeria di ogni accendino, sul lato inferiore, accanto al logo “ZIPPO” e alla scritta “Bradford, PA, MADE IN USA” sono incisi lettere e numeri; una diffusa leggenda metropolitana sostiene che il numero identifichi la qualità dell’accendino: è una cazzata, i numeri corrispondono semplicemente all’anno di produzione e la lettera al mese.
Quando a quattordici anni comprai il mio primo Zippo mi sembrò abbastanza costoso; ma più tardi mi resi conto che in realtà era un’invenzione rivoluzionaria che, rispetto agli accendini da tavolo in alabastro di mio nonno o a quelli d’oro marchiati Dupont e Cartier di mio padre, aveva fornito una valida alternativa a chiunque non potesse permettersi tali accessori da gioielleria. Perché gli accendini, per una legge non scritta, sono oggetti ineluttabilmente destinati a cadere per terra: un lussuoso accendino a gas, la cui carica è già di per sé costituzionalmente destinata a una durata inferiore, rischia così di vedere danneggiata la sua delicata valvola e di diventare inefficiente. Uno Zippo invece può anche essere lanciato dal decimo piano senza che il suo funzionamento ne sia compromesso.
In un vecchio episodio della serie Alfred Hitchcock presenta un giovane e sconosciuto Steve McQueen veniva sfidato da Peter Lorre a una singolare scommessa: se fosse riuscito ad accendere per dieci volte di seguito lo Zippo di cui era tanto orgoglioso avrebbe vinto l’auto di lusso dell’altro, ma se avesse fatto cilecca si sarebbe fatto amputare un dito. L’episodio è stato anche ripreso in chiave grottesca da Quentin Tarantino in Four rooms, ma lo ricordo soprattutto perché coglieva la vera natura dell’accendino: popolare e allo stesso tempo prezioso, un gadget “per tutti” ma contemporaneamente un oggetto “per sempre”.
Un’altra leggenda metropolitana vuole che lo Zippo fosse nato come accessorio dato in dotazione all’esercito americano: è un’altra bufala. Vero invece che durante la II Guerra Mondiale, quando in America gli Zippo erano già molto diffusi, la vendita degli accendini fu temporaneamente sospesa al pubblico per riservarne l’intera produzione alle forze armate al fronte.
George era furbo e lungimirante: per risparmiare sui costi fece realizzare gli accendini destinati all’esercito in finitura nera anziché cromata. Aveva ben presente che il suo Zippo era ormai un simbolo, non solo agli occhi dei soldati lontani da casa, ma anche del pubblico di quei paesi stranieri in cui erano di stanza. L’apparizione dello Zippo in numerosi film avrebbe contribuito a esportarne la fama. Al termine della guerra Blaisdell decise di produrre uno Zippo commemorativo della resa incondizionata del Giappone con la firma del Generale Douglas Mac Arthur. Questa serie limitata è oggi tra le più quotate tra i collezionisti.
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